In America l'ecologia diventa un business
IN AMERICA L’ECOLOGIA DIVENTA UN BUSINESS
LE GRANDI AZIENDE USA SI ACCORDANO CON LE ASSOCIAZIONI VERDI PER FARE PRESSIONI SULL’AMMINISTRAZIONE BUSH
DAVOS - Ci voleva l’interessamento delle grandi aziende americane perché la questione ambientale, da anni oggetto di dibattuti allarmanti ma sterili rimbalzati tra scienziati e giornali, venisse presa seriamente in considerazione anche nel mondo politico.
La svolta viene sancita dal World Economic Forum di Davos, che vede partecipare, assieme a studiosi ed ambientalisti, i nomi maggiori del capitalismo mondiale. Più che ad una conversione “verde”, le grandi industrie sono state convinte ad interessarsi alle prospettive offerte dall’ecologia perché hanno capito che potrà essere il grande business dei prossimi anni. A fare scalpore è soprattutto la nascita della US Climate Action Partnership, un’associazione che riunisce dieci colossi del capitalismo americano con i maggiori gruppi ambientalisti. A differenza di quanto accade in Europa quindi, negli Usa sono le aziende a fare pressioni sull’amministrazione perché ci si dia da fare a imporre vincoli più stretti nelle emissioni inquinanti: a Bush è stato chiesto di farle scendere del 30% entro 15 anni. Gli Stati Uniti, fino ad oggi acerrimi nemici delle convenzioni di Kyoto, si troverebbero quindi ad essere all’avanguardia per quanto riguarda il rispetto ambientale nella produzione di energia e beni di consumo.
Non c’è dubbio che a convincere le aziende a questo repentino cambiamento di posizioni sia stato anche il desiderio di recuperare sui due colossi emergenti dell’industria mondiale, Cina ed India. I due stati, in enorme espansione economica, sfruttano fonti energetiche altamente inquinanti per supportare il loro sviluppo, e il loro ritardo nel mondo delle tecnologie a basso impatto ambientale potrebbe permettere all’industria occidentale di recuperare in competitività.
Mentre gli americani si impegnano a esercitare pressioni sull’amministrazione Bush, alcune aziende giapponesi sembrano già essere all’avanguardia nell’utilizzo di nuove fonti energetiche. Il caso più eclatante è quello della Toyota, che qualche anno fa lanciò, tra le ironie degli industriali americani ed europei, la Prius, una vettura a combustione ibrida (con motore misto a combustione ed energia elettrica). Quest’anno la casa nipponica venderà 250mila Prius (che nel frattempo è diventata una vettura simbolo delle stelle “liberal” di Hollywood legate ai verdi) e si appresta a imporsi come produttore mondiale di automobili, scalzando la General Motors.
La rincorsa alle energie pulite è dunque cominciata, e sembra che le aziende occidentali siano decise a negare una volta per tutte l’equazione “ambientalismo uguale pauperismo”.